La Psiconcologia
Il cancro, nonostante i diversi progressi tecnologici in ambito oncologico, rappresenta da sempre una prova esistenziale sconvolgente.
Esso comporta delle ripercussioni non solo sulla dimensione fisica dell’essere umano ma interferisce con forza anche sulla dimensione psicologica, relazionale, spirituale ed esistenziale. A seguito di una diagnosi di cancro i fattori stressanti sono molteplici, ci si trova ad affrontare preoccupazioni rispetto alle conseguenze delle terapie mediche, alle aspettative sul proprio futuro, alla paura di dover lasciare amici e parenti e di poter perdere la propria autonomia.
Questa forza distruttrice non investe solo il paziente ma anche i suoi familiari e il personale curante. Per questo motivo è importante chiedere aiuto e affidarsi a degli specialisti che si occupino del disagio emozionale e di supportare la persona nel percorso di adattamento.
Diventa quindi necessario che l’assistenza alla persona affetta da cancro e i percorsi di cura si sviluppino tenendo in considerazione tutte le dimensioni dell’esistenza.
È qui che subentra la psiconcologia «…che si situa come interfaccia da un lato dell’oncologia dall’altro della psicologia e della psichiatria» promuovendo modelli di cura improntati sulla presa in carico globale della persona. Scopriamo insieme che cos’è e in che cosa consiste.
Che cos’è la Psiconcologia?
La Psiconcologia nello specifico è una disciplina in continua evoluzione ed espansione, basata sull’integrazione di diverse professionalità, come la psicologia clinica, la psichiatria e la medicina palliativa.
Essa ha come focus il prendersi cura e l’assistere psicologicamente le persone che nella loro vita incontrano la malattia neoplastica e i loro familiari, occupandosi delle conseguenze psicologiche che ne derivano. La psiconcologia, detta anche psicologia oncologica, è una disciplina che nasce negli Stati Uniti verso gli anni ’70, ma introdotta in Italia solamente negli anni ‘80.
Durante gli anni ’90, la psiconcologia guadagna riconoscimento ufficiale come disciplina, con la creazione di società scientifiche e associazioni professionali dedicate a questo settore, sviluppando specifici programmi di assistenza ai malati oncologici. I pazienti e i loro familiari vengono seguiti in ogni tappa del percorso di cura, dalla diagnosi ai trattamenti, fino al follow-up e dove necessario nel fine vita.
A chi si rivolge?
I principali campi d’intervento di questa disciplina sono: il paziente, la famiglia e gli operatori.
Il paziente
Il trattamento della persona colpita dal cancro ha come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita, offrendo uno spazio di accoglienza e ascolto in modo da supportare le necessità psicologiche che si vengono a creare in ogni fase della malattia. Attraverso l’uso del colloquio psicologico all’interno di un percorso individuale di supporto o di una psicoterapia si aiuta il paziente a:
- sviluppare e rafforzare le risorse personali per fare fronte alla malattia in maniera attiva e positiva;
- gestire le difficoltà emotive e favorirne l’espressione;
- aiutare a tollerare l’incertezza;
- favorire l’elaborazione della “perdita” (della salute, di un ruolo, dell’integrità fisica, della bellezza, ecc);
- l’insegnamento di tecniche di rilassamento e comportamentali efficaci;
- favorire la comunicazione tra paziente, famiglia e personale sanitario;
- favorire la costruzione di significato dell’evento malattia e l’integrazione nella propria esperienza soggettiva, prevenire possibili quadri psicopatologici.
Nonostante i pazienti debbano affrontare la stessa situazione, ognuno risponde in maniera differente alle criticità della malattia, in questo lo specialista può aiutare il paziente a preparare strategie per affrontare i momenti difficili, rendendo possibile un intervento psicologico cucito su misura per lui.
La famiglia / cargiver
La malattia di un familiare inevitabilmente ha delle ripercussioni su tutto il “sistema familiare” di appartenenza. La famiglia del malato oncologico rappresenta il primo supporto di aiuto e sostegno e di ancoraggio alla vita che lo smuove a dover lottare per riuscire a farcela. Le reazioni dei familiari alla nuova situazione hanno dunque un ruolo fondamentale nel facilitare o ostacolare il processo di adattamento psicosociale del paziente.
Il colloquio psicologico all’ interno di un percorso individuale di supporto o di una psicoterapia, aiuta i familiari a favorire l’adattamento alla malattia, affrontando le emozioni e i cambiamenti che si verificano nella nuova quotidianità, con il fine di sostenerli durante tutto il percorso clinico del membro della famiglia che si è ammalato.
L’obiettivo è di creare un nuovo equilibrio, che favorisca lo scambio e l’individuazione di strategie che possono aiutare a superare il momento di difficoltà. Questo avviene attraverso l’uso della psicoeducazione emotiva, di tecniche di gestione delle emozioni negative, di strategie di problem-solving, della ristrutturazione cognitiva per l’accettazione della malattia e l’integrazione della stessa nella propria vita.
Inoltre, mira a favorire il processo di elaborazione del lutto dopo l’eventuale morte del paziente. Nell’affrontare questa malattia è importante mantenere viva la speranza anche quando la speranza non coincide con una remissione della malattia.
Va specificato come la psiconcologia, accanto alle cure palliative, intervenga anche nel fine vita, aiutando il paziente e i suoi familiari a gestire le forti emozioni che caratterizzano questo momento sviluppando la capacità di accettare la morte.
Diventa fondamentale allora vivere il tempo del qui-ora, per favorire anche l’eventuale recupero di rapporti interpersonali e dare la possibilità di congedarsi con dignità da questa vita, avendo la consapevolezza di aver lasciato traccia della propria esistenza.
Gli operatori
È necessario favorire e sostenere il benessere psicologico degli operatori sanitari per “prendersi cura del paziente”. È auspicabile che gli operatori possano sperimentare una perdita di energia e la sensazione di aver esaurito le proprie risorse emozionali stando a contatto con la sofferenza dell’altro, per questo con il supporto psicologico è possibile gestire questi sentimenti e prevenire una possibile sindrome da burnout.
Quando è necessario rivolgersi a uno specialista in Psiconcologia?
Non esiste un momento specifico per chiedere aiuto ad un esperto. In ogni momento della malattia il paziente e i suoi cari possono essere accompagnati e supportati.
“…Se l’ansia, la paura, la preoccupazione, la demoralizzazione, la rabbia sono normali risposte alla malattia, quando queste diventano più intense, più continue e perseveranti, è importante chiedere aiuto psicologico specialistico senza vergogne di vulnerabilità o timore di essere ‘anormali o malati di mente’”. (Luigi Grassi)
Se hai avuto la diagnosi di cancro, se devi affrontare l’intervento o la chemioterapia, se hai finito tutte le terapie e ti senti confuso e sopraffatto emotivamente, chiedere aiuto in queste circostanze è assolutamente normale e non deve essere visto come un segno di debolezza né di incapacità di gestire e far fronte alla situazione.
Letture e approfondimenti consigliati
Per approfondire si consiglia la lettura:
- “Riprendersi la vita dal trauma della malattia al ben essere dopo la guarigione”, di Elisa Faretta edizione MIMESIS/ fornitore della psiche. siponazionale.it