Intolleranza lattorio - psicologo Firenze

Intolleranza al Lattosio

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L’intolleranza al lattosio viene definita come la manifestazione di sintomi, specialmente gastrointestinali, conseguenti all’assunzione di lattosio in soggetti che presentano malassorbimento dovuto al deficit dell’enzima lattasi. Questo enzima ha un ruolo fondamentale in quanto scinde lo zucchero lattosio nei suoi due componenti glucosio e galattosio2. Il lattosio, per natura, si trova nel latte dei mammiferi e nei suoi derivati, costituendone il 98% degli zuccheri.
La tendenza all’autodiagnosi, unita all’utilizzo di test alternativi, è molto diffusa, motivo per cui è fondamentale evidenziare che tale intolleranza deve essere diagnosticata avvalendosi di test scientificamente riconosciuti e che non devono essere intraprese dieta fai-da-te.

Il test finora più diffuso è l’H2-Breath Test, definito gold standard, che valuta la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di 20-25 g di lattosio, prelevando almeno 6 campioni di aria ottenuti facendo soffiare il paziente in una sacca a intervalli regolari (ogni 30 minuti), per un tempo di 3-4 ore. Il respiro raccolto viene esaminato con lo scopo di individuare la presenza di idrogeno (H2) e, in alcuni casi, anche di metano (CH4), provenienti dalla fermentazione del lattosio non digerito. Un test positivo accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina se si tratti di una forma primaria, dovuta a un deficit genetico di lattasi, o secondaria, dovuta ad un’alterazione dell’integrità della parete intestinale conseguente a stati patologici.
Al fine di indagare la forma di intolleranza, occorre eseguire il test genetico, che generalmente consiste in un tampone buccale per il prelievo della mucosa orale.

Questi due test permettono di avere una visione completa della condizione di intolleranza al lattosio, salvo casi particolari: in assenza di Breath Test positivo, familiarità o sintomatologia sospetta, il test genetico è da considerarsi come predittivo, in quanto va ad analizzare il genotipo dell’individuo e identifica la predisposizione, ovvero la possibilità di manifestare, in futuro, la sintomatologia collegata all’intolleranza al lattosio.

Tre diverse forme di intolleranza al lattosio

Si possono distinguere 3 forme: congenita, primaria e secondaria.

La forma congenita, meglio definita Congenital Lactase Deficiency (CLD) è una condizione molto rara, di origine genetica ad insorgenza precoce, si manifesta infatti sin dalla nascita nei primi giorni di vita del neonato3. Il neonato sviluppa diarrea non appena nutrito con latte materno o formulato: è dunque una totale assenza di lattasi, che persiste per tutta la vita.

La forma primaria è causata da una diminuzione progressiva della lattasi a partire già dallo svezzamento, che comporta il malassorbimento di lattosio e i relativi sintomi. Questa forma si può manifestare nel bambino oppure tardivamente nell’adulto a causa di una riduzione eccessiva della produzione di lattasi.

La forma acquisita (o secondaria) si riferisce allo sviluppo di malassorbimento di lattosio in individui che potenzialmente sono in grado di digerire questo zucchero. Questa forma è definita anche secondaria proprio perché le cause sono da ricercare in altre patologie acute (come infiammazioni e infezioni dell’intestino) o croniche (tra cui celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile) oppure in conseguenza ad altri disturbi nutrizionali.

Molto spesso è transitoria, risolvendosi infatti alla guarigione della malattia responsabile. Altre cause possono essere terapie antibiotiche, chemioterapia, radioterapia che, in conseguenza della loro tossicità o di un’azione di inibizione diretta dell’attività lattasica, determinano ipolattasia.

Sintomi principali: come riconoscere l’intolleranza

Generalmente si evidenziano disturbi di tipo gastrointestinale, come dolori addominali di tipo crampiforme, meteorismo, pesantezza di stomaco, senso di gonfiore gastrico, diarrea o stitichezza, che insorgono da 1-2 ore a qualche giorno dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio. Oltre a questi, si manifestano frequentemente anche sintomi extra-intestinali più generici come mal di testa, stanchezza, nausea, eruzioni cutanee, infezioni uro-genitali e, in rari casi, perdita di peso4.

La sintomatologia è differente da persona a persona, con manifestazioni di diversa entità ed importanza. La gravità dipende sia dalla quantità di lattosio ingerita sia dalla soglia di tolleranza individuale. Un ruolo importante è dato anche dal cibo associato agli alimenti contenenti lattosio, in quanto la sintomatologia è legata alla velocità di svuotamento gastrico, vale a dire che se il lattosio viene ingerito insieme a carboidrati (specie quelli semplici), che aumentano la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi sono più probabili o più intensi, mentre se viene ingerito insieme a grassi, che riducono la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere molto ridotti o addirittura assenti.

Tuttavia, tali sintomi non sono specifici e spesso si sovrappongono ai sintomi di altre intolleranze o patologie del tratto intestinale, comportando un ritardo nella diagnosi.

Quali sono i trattamenti principali per l’intolleranza al lattosio?

Il trattamento principale consiste nel ridurre o eliminare il lattosio dalla dieta fino alla scomparsa dei sintomi, utilizzare l’integratore a base di lattasi e assumere particolari probiotici al fine di indurre un possibile adattamento del microbiota del colon.

Oggi non è più raccomandato evitare tutti i prodotti lattiero-caseari nei soggetti intolleranti, poiché la maggior parte di essi (in condizioni ottimali di salute intestinale) è in grado di tollerare fino a 5 g di lattosio per singola dose, circa l’equivalente di 100 ml di latte o 100 g di yogurt.

Questo aspetto è estremamente importante per non incorrere in carenze di micronutrienti a causa dell’inopportuna esclusione di tutti i prodotti lattiero-caseari. Di conseguenza, l’approccio dietetico ha un ruolo cruciale nella gestione dei soggetti affetti da intolleranza al lattosio, anche in relazione al comportamento di esclusione drastica degli alimenti dalla dieta. “Demonizzare” determinate categorie alimentari potrebbe avere ripercussioni non solo sul benessere fisico, ma anche su quello psicologico, come conseguenza di scelte alimentari troppo restrittive, inadeguate e non correttamente gestite dal punto di vista nutrizionale.

In commercio troviamo infatti alimenti naturalmente privi di lattosio, ma anche alternative delattosate, ovvero prodotti senza lattosio, ottenuti tramite l’aggiunta di enzima lattasi esogena che predigerisce lo zucchero nei due suoi componenti e lo rende digeribile da parte delle persone intolleranti. Per questo motivo oggi si ritrovano in commercio alimenti delattosati che possono variare il loro contenuto di lattosio da <0,1% a <0,01%. Altra categoria di prodotti da includere nella dieta senza lattosio sono le alternative 100% vegetali, meglio se fortificate, ottenute principalmente da riso, soia, avena, cocco, mandorle, nocciole ecc., che rappresentano una gamma sempre crescente di “bevande alternative al latte”.

Probiotici e integratori vantaggi e svantaggi

È stato dimostrato che un consumo di dosi crescenti di lattosio in soggetti intolleranti non comporti un ripristino della produzione di lattasi né che il consumo di prodotti delattosati in soggetti tolleranti provochi una riduzione dell’espressione dell’enzima lattasi endogena. Risulta, però, di notevole attenzione il cambiamento della composizione della microflora colonica in relazione alla dieta, con un possibile incremento di batteri in grado di produrre l’enzima lattasi (definita lattasi batterica). Anche i probiotici contribuiscono a modulare l’ambiente microbico intestinale favorendo la colonizzazione intestinale da parte di batteri che svolgono la stessa funzione dell’enzima lattasi. Ciò potrebbe migliorare notevolmente la tolleranza di piccole quantità di lattosio (come quelle spesso inconsapevolmente consumato in alimenti non caseari o contenenti quantità limitate di prodotti lattiero-caseari), con un effetto prolungato e con significativi benefici per la qualità di vita del paziente.

Per quanto riguarda invece gli integratori a base di enzima lattasi, questi non sono da considerarsi la cura per l’intolleranza al lattosio, ma un valido supporto al fine di potersi concedere uno strappo alla dieta, oppure quando le alternative “senza lattosio” scarseggiano.

Autore: Dietista Martina Martelli

Bibliografia

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